CVetrano e le sue bellezze che andrebbero "adottate" e valorizzate. Bene il centro antiviolenza ma non basta
di: Vito Marino - del 2017-01-31
Il giorno 27 gennaio 2017 si è svolta la cerimonia inaugurale di un centro antiviolenza e casa di accoglienza per la donna, ubicato in contrada Canalotto.
Si tratta di un vecchio edificio facente parte di un antico baglio, che, circondato da terreni agricoli e da macchia mediterranea; in un lontano passato (fine 1800 primi del 1900) apparteneva alla famiglia Saporito, una potente famiglia che ha monopolizzato quasi tutte le ricchezze di Castelvetrano e di parte della provincia di Trapani. Caduta in bassa fortuna, moltissime di queste proprietà furono vendute.
Nel 2010 apparteneva ad un certo Gaetano Sansone di Palermo; riconosciuto mafioso dalle autorità giudiziarie, tutta la tenuta fu confiscata. Grazie ad un finanziamento dell’Assessorato Regionale della Famiglia e delle Politiche Sociali, per l'importo complessivo di circa 350.000 euro, ottenuto nel novembre 2014, dopo due anni di lavoro di ristrutturazione, l’edificio oggi è pronto per essere utilizzato.
Tuttavia c’è da dire che il luogo è selvaggio con macchia mediterranea, isolata da altre abitazioni e molto lontana da Castelvetrano, per cui, specialmente di notte, incute un certo senso di angoscia e nessuna protezione per le donne vittime della violenza; per tale uso si poteva ristrutturare l’ex Zeus Hotel, anch’esso confiscato alla mafia. L’Italia da un decennio si trova in una crisi economica irrisolvibile, i tagli alla spesa pubblica si susseguono in continuazione e le nuove tasse si sommano a quelle vecchie a ritmo continuo. Lo stesso avvenne nel 1871, quando il disavanzo procurato dai Savoia non riusciva a diminuire e Quintino Sella lanciava il programma delle "Economie fino all’osso".
Abbiamo un centro storico dalle caratteristiche architettoniche medievali che si va sgretolando senza che nessuno pensi minimamente di ristrutturarlo. Abbiamo la Palazzina Signorello, un gioiello dell’edilizia in stile Liberty ormai in agonia, il palazzo Frangipane nelle stesse condizioni, il palazzo Pavone è stato appena messo in sicurezza, perdendo la sua bellezza originale, il palazzo del barone Di Stefano anch’esso cadente.
Ebbene non è nemmeno il caso di parlare di restauri di questo patrimonio storico artistico in disfacimento, perché sia al nostro Comune, che alla Regione non ci sono soldi. La nostra bellissima “Ninfuzza di li cannola” (la Fontana della Ninfa), in cattive condizioni statiche sta per essere restaurata con i soldi del Lyons Club, viceversa poteva cadere. Castelvetrano è da almeno mezzo secolo sotto il mirino della stampa italiana che considera tutti i castelvetranesi mafiosi. Il nostro stimatissimo sindaco durante i suoi anni di sindacatura ha fatto di tutto, con il concorso dell’Antimafia per demolire questa errata concezione.
Per come lui stesso ha detto: “Questo è il settimo bene confiscato alla mafia che nel corso del mio mandato abbiamo riqualificato e restituito alla collettività, reinserendolo nel circuito produttivo e legale”.
E’ da qualche decennio che è diventato, oserei dire di obbligo morale costruire edifici d’interesse pubblico, su terreni confiscati alla mafia a simboleggiare la vittoria dello Stato sulla illegalità. Spesso si è trattato di opere non necessarie, anche se utili e di importo considerevole, come per il Campo Polivalente “Unità d’Italia”, sito in Via SS. Trinità, costato alla collettività più di 500.000 Euro e rovinato dal vento e dalle avversità climatiche di questi giorni. Con tutto il mio rispetto per le pubbliche istituzioni credo che si stia eccedendo con questa concezione anti mafiosa che, per ristabilire la legalità fa spendere alla collettività somme rilevanti, che, in tempo di crisi, potevano servire per altri usi ben più utili ed urgenti.
La cerimonia inaugurale è stata semplicissima e senza contorni floreali o gastronomici: alla presenza delle maggiori autorità civili e militari della provincia, la baby sindaco Valeria Piazza, ha tagliato il nastro inaugurale, mentre il sindaco non ha volutamente pronunciare alcun discorso d’occasione, trattandosi di una funzione semplice molto riservata.